Psicoanalisi e il trauma

Esistono oggi sostanzialmente due diverse modalità di ascolto del bambino in uno scenario traumatico quella che ascolta il bambino per capire, e si sforza di comprendere il significato delle parole dette, dei segni, dei sintomi, la simbologia del racconto o del gioco, i silenzi, il comportamento, che osserva il corpo, riconosce le emozioni, i sentimenti, la sofferenza; l’altra è quella che si pone davanti al bambino esaltandone la sessualità infantile e proiettando nel bambino attraverso un’identificazione, un adulto con i sui desideri, i suoi bisogni e moti istintuali, ma questa è una dispercezione della realtà, una fantasia, il bambino è un’altra cosa, la sua sessualità è composta si da elementi parziali e per questo fragile ma la sua pulsione è ricerca dell’oggetto benevole amato e non un mero soddisfacimento del piacere.

Come faccio tutti i giorni nel mio lavoro cercando di dare significato ad un comportamento ad una emozione cercherò qui di dare una personale interpretazione psicoanalitica a queste due caratteristiche. Io sono uno studioso di psicoanalisi è sostengo che un esame neutrale sugli studi effettuati e una riflessione sulla storia della psicoanalisi ci permetta di capire su che impianto teorico si appoggino oggi una modalità che predilige la verità, nell’accezione bioniana del termine, come una vera e propria pulsione e un’altra che sostiene l’esistenza di un mondo inconscio infantile che addirittura spinge e giustifica l’adulto nell’abusare del bambino, questa concezione condensa arbitrariamente  le idee freudiani e segue il punto di vista di E. Jones, biografo di Freud.

Pur essendo uno psicologo che da oltre 20 anni si occupa dell’adulto, il trauma ha destato sempre in me tanto interesse, concretamente per due ragioni: la prima, come causa certa del disturbo mentale, perché sempre esploriamo le dimensioni del trauma si su un piano soggettivo sia su un piano reale, ci chiediamo sempre se la persona che abbiamo davanti, specialmente se è molto sofferente abbia subito un trauma. Ricordo un evento una signora di una certa età, dopo seppi di 78 anni, mi fermò nel corridoio dell‘ospedale chiedendomi un appuntamento per problemi di ansia, stavo uscendo, così gli chiesi se avrebbe potuto venire all’ambulatorio il giorno seguente, fissammo l’incontro; il giorno seguente appena seduta davanti a me, mi raccontò che un amico di famiglia, quando lei aveva 7 anni, aveva abusato di lei, la sua descrizione era ricca e minuziosa di vivi particolari e la cosa sorprendente era questa: la donna aveva mantenuto questo segreto per tutta la sua vita non comunicandolo a nessuno, solo prima di sposarsi aveva consultato un’ostetrica per controllare lo stato della sua imene. Sono passati molti anni da quella seduta sento ancora la forza e l’intensità emotiva di quell’incontro e di quel racconto, non sto qui a descrivervi quanto questo evento abbia catalizzato la strutturazione della personalità e delle sue relazioni, insomma, la vita di questa cara signora, e forse anche la mia suscitando in me un grande interesse per il valore del trauma in psicologia. Molto spesso in terapia i pazienti adulti portano racconti simili assai delicati, di essere stati abusati o di aver commesso abusi.

La seconda ragione del mio interesse riguarda il ruolo centrale che il trauma riveste all’interno del pensiero psicoanalitico, pur con pareri discordanti: infatti, per qualcuno la riflessione di Freud sul trauma aprì la strada allo sviluppo della psicoanalisi, ma troppo presto interrotta, per altri l’abbandono da parte di Freud della teoria della seduzione, comprendente la dimensione del trauma e il conseguente interesse rivolto al mondo della fantasia e all’inconscio, sancisce la nascita della psicoanalisi, per altri ancora uno spartiacque necessario per lo sviluppo teorico, per altri addirittura la causa di un’involuzione.

La psicoanalisi ha come specificità il continuo riferimento all’opera del suo fondatore Sigmund Freud, e come sostiene Lacan, il suo riferimento è imprescindibile sia per coloro che producono un avanzamento ripartendo da continue riflessioni dalla stessa, sia per coloro che invece riconoscono l’opera del suo fondatore come non superabile oppure addirittura ampiamente criticabile.

Numerosi scritti freudiani dal 1893 al 1933 tendono a dimostrare che Freud rimase sempre in contatto, anche se con alterni momenti, con la primitiva concezione del trauma, come evento realmente accaduto, non distaccandosene mai completamente, anche se l’etiologia dell’isteria e della nevrosi come impianto teorico si troverà definitivamente modificata, e guiderà Freud ancora nella ricerca di un fondamento universale del funzionamento psichico, che forse secondo Laplanche e Pontalis (1993), non gli riuscirà mai completamente di situare, se non attraverso l’Edipo.

Approfondiamo qualche aspetto.

Il significato del termine seduzione rimanda ad una scena sessuale, nella quale un soggetto adulto abusa di un altro che si trova in una condizione d’inferiorità. E’ da questa rappresentazione di una coercizione imposta, con potere corruttivo e deviante rispetto all’apparato psichico ancora immaturo del bambino, che Freud elaborò la sua teoria sulle nevrosi, prodotta da un abuso sessuale subito nell’infanzia e causa di un trauma psichico. A questa riflessione, come succede spesso di notare a chi studia le opere del padre della psicoanalisi, Freud arriva catalizzando un umus teorico e una realtà sociale, un’esperienza personale e un’evidenza clinica: le cliniche pediatriche dell’Europa centrale erano piene di bambini realmente abusati, perlopiù in famiglia. Anche se del suo soggiorno berlinese presso il reparto di pediatria diretto da Baginsky non si sappia granchè e della sua direzione dell’ambulatorio di disturbi nervosi del Kinder-Kranken-Institut di Vienna (Bonomi, 2009). Questa sconcertante negligenza non sembra essere estranea al desiderio del fondatore della psicoanalisi, dato che nei suoi testi i riferimenti al lavoro con i bambini sono pochi e distorti.

Infatti, in Etiologia dell’isteria del 1896 parlando dell’esposizione dei bambini agli assalti sessuali, Freud scrive:

“Non appena incominciai ad informarmi su quanto si conoscesse sull’argomento, alcuni colleghi mi segnalarono che già erano comparse varie pubblicazioni di pediatri, nelle quali veniva denunciata la frequenza con cui le balie e le bambinaie fanno oggetto di pratiche sessuali persino i lattanti”:

Ma questo non era il mondo con cui Freud veniva a contatto giornalmente come responsabile del Kinder-Kranken-Institut di Vienna. Quindi Freud non dichiara apertamente la sua esperienza nelle cliniche viennesi ma utilizza quei fatti per trarne impostazioni teoriche, attribuendo ai colleghi queste evidenze e perché mai? La sua esperienza nei confronti dei bambini abusati doveva essere nascosta e per quale motivo?

Quindi la causa ultima dell’isteria è sempre la seduzione del bambino da parte di un adulto, e l’evento traumatico è situato sempre prima dell’età della pubertà, mentre l’insorgere della nevrosi si manifesta dopo la pubertà ed è legato al ricordo risvegliato per via associativa. Queste sono le conclusioni temporanee alle quali giunge Freud recidendo ogni legame con la tradizione psichiatrica organicista di Kraf-Ebing.

Freud risolve la questione relativa tra la causalità reale e la fantasia indicandone la localizzazione nelle cause sessuali, riconoscendo ad esse un’immaginazione e una fantasia, abbandonando così la teoria della seduzione sostituendola con quella della fantasia. Per arrivare a ciò Freud identificò come centrale la scoperta dell’inattendibilità dei racconti delle pazienti in analisi. I racconti riproducevano fantasticherie radicate in una sessualità infantile articolate intorno ad complesso destinato a rimanere un nucleo centrale nell’opera, quello di Edipo; a completare la sua ipotesi, qui solo in abbozzo, della psiche come composta da un inconscio separato dal subconscio e dalla coscienza, risultò l’impresa titanica dell’autoanalisi iniziata in quel periodo. L’abbandono della teoria della seduzione viene considerato dalla tradizione psicoanalitica come un evento che apri la via all’idea secondo cui gli eventi esterni traggono la loro efficacia dai fantasmi da essi derivati e dall’afflusso di eccitazione pulsionale che essi provocano; e inoltre contribuì a produrre un’attenzione crescente dei concetti di fantasma inconscio e di sessualità infantile, che egli definisce “perversa polimorfa” (Freud, 1905) cancellando con un colpo di spugna di fatto la realtà psichica. Mi sono sempre chiesto perchè Freud abbia usato questa rappresentazione perverso polimorfo, in quanto questa proviene da un’osservazione del bambino adultocentrica, eppure la sessualità del bambino è solo in sviluppo si compone di elementi parziali ma di un bambino che non parla, quando è in fasce, per esempio, non diciamo che è muto.

A.A. dopo un accurato e serio lavoro, in particolare sulle lettere tra Freud e Fliess non pubblicate, arrivano a conclusioni diverse (Miller, Masson, Bonomi, ecc.) adducendo che probabilmente le motivazioni che hanno indotto Freud ad abbandonare improvvisamente la teoria del trauma sono più profonde e personali di quanto egli vuole far credere. Essi a vari livelli notano che l’inattendibilità dei racconti, l’isolamento e gli insuccessi personali posti da Freud come motivazioni principali alla negazione della teoria del trauma, non sono sufficienti a dare ragione dell’accaduto. Questi Autori ricostruendo momenti della vita di Freud, ci hanno permesso di capire meglio le ragioni e le motivazioni che portarono lo psicoanalista a scegliere tra impostazioni teoriche così diverse. Per circa un anno dopo la morte del padre Jacob, avvenuta il 23 Ottobre 1896, le sofferenze interiori di Freud si aggravano, egli oltre a rimuginare giorno e notte sull’apparato psicologico e sull’origine delle nevrosi, è immerso anche in una riflessione complessiva sulla sua personalità e sulla figura del padre, queste ragioni sono da considerare come le spinte più importanti che portarono Freud ad intraprendere l’autoanalisi e successivamente ad orientare la sua teoria. Questo perchè il trauma non si verificò solo nell’esperienza clinica di Freud ma sfiorò con una certa probabilità, anche la sua vita familiare. L’esistenza di sintomi isterici in suo fratello e in alcune sue sorelle indusse Freud a pensare che forse anche suo padre avrebbe dovuto essere accusato di abusi sui propri figli (E. Jones, 1973). Inoltre grande importanza nel compiere quel gesto, aveva la liberazione dall’interesse che esercitavano su di lui le teorie chirurgiche flissiane organiciste basate sulle connessioni tra i “riflessi nasali” e i disturbi sessuali. Anche alla luce dell’imperizia che Fliess aveva dimostrato durante un intervento che aveva messo a rischio la vita di una paziente di Freud Emma Eckstein – che presenta analogie simboliche con “Irma”, citata da Freud a p. 270 de L’interpretazione dei sogni. Nella discussione di questo caso con Fliess, Freud arriva infine a discolpare l’amico, e a etichettare le emorragie nasali di Emma come “isteriche”. Fu con questa paziente che Freud incominciò a pensare che le storie di seduzioni raccontate dalle pazienti non erano realtà, ma fantasie.

Veniamo a Jeff Masson, psicoanalista ricercatore e direttore dei prestigiosi Freud Archives, sostiene che l’abbandono della teoria della seduzione fu un grave errore, fatale per lo sviluppo e la fecondità della psicoanalisi e per la ricerca della verità. Masson incominciò col notare che i pezzi che erano stati censurati dalle lettere di Freud a Fliess già pubblicate e scritte dopo il settembre 1897 (data in cui Freud abbandonò la teoria della seduzione) riguardavano principalmente casi clinici o commenti sulla seduzione sessuale dei bambini. Il motivo ovviamente era che il lettore non doveva essere confuso da questi passaggi, essendo avvenuto ormai l’abbandono della teoria della seduzione da parte di Freud. Queste posizioni furono esposte da Masson (1984) nel libro Assalto alla verità: la rinuncia di Freud alla teoria della seduzione, che rappresentò l’apice del cosiddetto “scandalo Masson”. Il caso o scandalo produrrà negli anni ottanta un terremoto teorico e mediatico sulla psicoanalisi, e un grosso scompiglio se egli viene licenziato dalla carica di direttore dell’Archivio Freudiano (pur conservando quella di direttore del Copyright) e se come egli riferisce, prima del licenziamento, gli viene offerta la somma di 30mila dollari in luogo del rinnovo di contratto, a patto che non agitasse troppo le acque. Una ragione su cui poggia l’evidente risonanza del caso Masson nel grande pubblico è legata al vasto movimento contro il child abuse che negli ultimi decenni è sorto negli Stati Uniti. E’ di quegli anni infatti la scoperta che l’incesto, le sevizie e i maltrattamenti ai bambini sono molto più frequenti di quanto si pensasse (Sheleff, 1981). Oggi le posizioni si sono smussate, lasciando spazio ad una riflessione meno impulsiva, e anche se possiamo sicuramente dire che, il rumore che ha fatto Masson sulla stampa riguardo al pericolo che la psicoanalisi sottovaluti i danni della seduzione sessuale dei bambini, non può che aver giovato ai necessari approfondimenti attuali sul tema, è opinione condivisa che Masson dimostra una cecità per l’ambivalenza che caratterizza i percorsi di lettura e le deduzioni freudiane. Egli legge queste contraddizioni in termini dicotomici che impongono ogni volta di scegliere da che parte stare, invece di integrare i contributi teorici, inoltre non considerando l’ambiguità in cui si ritrova Freud durante l’approfondimento delle sue teorie e durante le necessarie revisioni della sua opera. Paolo Migone (1984), ci fa invece notare un altro aspetto, sostenendo, che l’importanza del “caso Masson” è soprattutto quella di aver messo ancora una volta in luce precise modalità di funzionamento presenti nelle istituzioni psicoanalitiche: il tentativo di screditare l’avversario in vari modi, evitando di entrare nel merito della discussione delle critiche, l’importanza dell’appartenenza istituzionale, e la presenza di “segreti”, al posto della normale discussione scientifica.

Di opinione comune è anche Alice Miller, psicoanalista svizzera, che lasciò la Società Psicoanalitica in aperta polemica con i metodi e le teorie psicoanalitiche riguardanti l’occultamento del trauma, sostiene che i fatti personali di Freud legati al proprio padre abbiano rivestito un ruolo centrale nella trasformazione teorica. Nel suo famoso Saggio Il bambino inascoltato del 1981 denuncia la responsabilità di Freud e del maistrem psicoanalitico nel celare i maltrattamenti e gli abusi sessuali perpetrati sui bambini.

Ma veniamo al caso più complesso e più importante quello legato alla figura di Sandor Ferenczi amico e allievo di Freud. Oggi siamo a conoscenza di una corrispondenza tra Freud, Jones ed Eitingon concernente Sandor Ferenczi, e il suo lavoro scritto per il XII Congresso dell’IPA a Wiesbaden del 1932, in cui Ferenczi si pronuncia ancora in favore della teoria della seduzione sessuale dei bambini con il lavoro dal titolo “Confusione delle lingue tra adulti e bambini“. In queste lettere si legge dei tentativi fatti per impedire a Ferenczi di presentare il suo lavoro, con la motivazione che egli sarebbe stato malato, oltre che fisicamente, anche affetto da psicosi.

Nel suo saggio è evidente, il rimprovero a Freud, per aver privilegiato le fantasie inconsce dei bambini a discapito della realtà, e la sua assertività per l’importanza della realtà del trauma sessuale. Ferenzci fece leggere a Freud la relazione che egli intendeva presentare al congresso, e Freud gli chiese espressamente di non leggerla pubblicamente, poiché il suo contenuto andava contro lo sviluppo della psicoanalisi, offrendogli in cambio la presidenza della Società psicoanalitica. Ferenzci non acconsentì e si attirò le critiche di Freud e dei suoi collaboratori. Freud lo rimproverò di essersi alleato con i bambini dimostrando un atteggiamento poco virile (Rifelli, Bonomi). Sostiene Bonomi che questo avvenimento portò Ferenzci ad una conflittualità interna molto forte, Freud era stato il suo analista, e lo ipotizza come causa scatenante della sua malattia e della successiva morte. In questo articolo Ferenzci afferma con forza che la seduzione è operata dall’adulto e non dal bambino:

“Un adulto e un bambino nutrono affetto reciproco: il bambino ha la fantasia di fare il gioco della madre con l’adulto. Questo gioco può assumere forme erotiche, pur rimanendo al livello delle manifestazioni di tenerezza. Ma le cose vanno diversamente quando l’adulto ha tendenze patologiche, specialmente se il suo equilibrio e il suo autocontrollo sono alterati da qualche disgrazia o dall’uso di sostanze che ottundano la coscienza. Allora egli scambia gli scherzi del bambino per desideri di una persona sessualmente sviluppata, oppure si lascia andare ad atti sessuali, senza valutarne le conseguenze. Sono all’ordine del giorno effettivi atti di violenza su bambine che hanno da poco superato la primissima infanzia, atti analoghi di donne adulte su bambini di sesso maschile, e, naturalmente, anche violenze di natura omosessuale”. (Ferenzci, 1932).

Il testo di Ferenzci oltre a riesumare la teoria del trauma sessuale propone il confronto con due mondi diversi e due linguaggi diversi, per questo Ferenzci chiama l’articolo Confusione delle lingue, il linguaggio della tenerezza infantile nella relazione con l’adulto, l’altro il linguaggio amoroso-passionale. Per Ferenczi l’eziologia traumatica era il risultato dell’irruzione inaspettata della passione dell’adulto nel corpo e nella psiche del bambino immaturo. Particolarmente interessante è di chiarire il fatto traumatico partendo da quei pazienti che in analisi confessano di aver usato violenza ai bambini, una confessione contrapposta alla confessione dei soggetti passivi dell’abuso screditata e respinta da Freud. Risulta evidente che nell’articolo del 1932, considerato dagli esperti ferenziani, come la massima espressione nel confronto con Freud, ma anche la più alta e complessa riflessione sulla mente donataci dallo psicoanalista ungherese, egli esprima i postulati e le critiche dell’allievo nei confronti del maestro sulla tecnica psicoanalitica.

Dopo tutte queste riflessioni, a questo punto possiamo tornare a Freud, domandandoci come egli si pone all’interno del processo di psicologizzazione del trauma: siamo immersi in una tradizione che ci ha abituato a leggere l’opera di Freud a partire dall’abbandono della teoria del trauma reale e poi quando, verso gli anni ottanta, è riemersa una nuova sensibilità aperta al trauma questa si è dovuta confrontare con la polarizzazione, a favore o contro la svolta del 1897. Questa polarizzazione ha impedito di vedere l’inesauribile contradditorio che scorre all’interno dell’opera di Freud. Il punto è che quello ci è stato consegnato dalla tradizione è un Freud dagli angoli smussati, appiattito su posizioni predigerite che semplificano la trasmissione del sapere permettendo una più semplice e facile comprensione dell’impianto teorico ma che inevitabilmente trascura di osservare gli andamenti dello sviluppo del pensiero psicoanalitico. Accostarsi al pensiero freudiano solo attraverso l’opera dei suoi “evangelisti”, a mio avviso, non ci permette di osservare Freud nella sua complessità, con le sue evoluzioni, punti di vista, contraddizioni, trascura di osservare le pieghe creative all’interno delle quali si è sviluppato il pensiero psicoanalitico, non facendoci così comprendere e tollerare l’ambiguità dei suoi contenuti. E’ troppo facile rispondere, come molti hanno fatto, che è colpa di Freud che è stato lui a voltare le spalle alla realtà con la svolta del 1897. Si può infatti obiettare (come fanno i difensori della ortodossia) che se Freud non avesse voltato le spalle alla realtà non avrebbe mai scoperto la psiche dinamica. Così, Anna Freud immaginando il clamore e cercando di far riflettere Masson in una lettera del 10 settembre 1981, scrive:

“Conservare la teoria della seduzione significherebbe abbandonare il complesso edipico, e con esso l’intera importanza della vita interiore, delle fantasie consce ed inconsce. Di fatto, io penso che in seguito non ci sarebbe stata nessuna psicoanalisi”.

Questo è vero, ma si tratta della fase di un processo dialettico, in cui alla fine doveva pur emergere il problema come riconciliare realtà psichica e il materiale inconscio. E invece questo non è avvenuto (a parte poche e marginali eccezioni come Ferenzci e i suoi discepoli), basti pensare a come Ernest Jones, l’uomo che per oltre trent’anni è stata la massima autorità della psicoanalisi come biografo ed esegeta freudiano, ha presentato la svolta del 1987 nel primo volume della Vita e opere di Freud: raccomandando di ignorare gli atti incestuosi dei genitori, per occuparsi unicamente delle fantasie delle figlie dei desideri incestuosi verso i genitori e in modo caratteristico verso il genitore di sesso opposto. Vediamo come ci presenta la posizione di Freud rispetto al trauma Ernest Jones, nel primo volume della Vita e opere:

L’idea di un trauma passivamente sofferto, per esempio nel tentativo di seduzione sessuale […] lasciò il campo, dopo quattro anni, all’intuizione che il paziente fosse personalmente coinvolto nell’esperienza sessuale. Così alla concezione statica ne seguì una dinamica. C’erano desideri e impulsi di cui il paziente stesso era responsabile (Jones, 1953 p. 388).

Ma questo è il pensiero di Jones e non di Freud; la posizione di Freud e molto più complessa come abbiamo visto. Se noi, come Jones, utilizziamo a nostro piacimento il pensiero freudiano, per dimostrare i nostri intendimenti o le nostre utilità, è un problema nostro che non possiamo imputare a Freud. Più che Freud il problema riguarda i seguaci e il modo in cui il movimento ha funzionato, premiando l’allineamento e le doti burocratiche, al posto dell’originalità e del coraggio per le idee nuove.

Contrariamente a quanto accadeva e ai tempi di Freud oggi è diffusa nell’opinione pubblica la consapevolezza dell’estensione e dell’importanza del fenomeno dell’abuso sessuale a danno dei bambini. Freud, abbandonando e ripudiando, come abbiamo visto, la prima teoria della seduzione, a reso possibile l’insinuarsi di una impostazione teorica per cui invertiva i ruoli di chi seduceva chi, dove sono i bambini, con le loro fantasie sessuali e i loro desideri incestuosi, i seduttori inconsapevoli, e questo a mio avviso, ha gravemente nociuto all’immagine dell’infanzia presso certe categorie di adulti ai quali era utile e funzionale questa riflessione. Ha fatto si che rispettabili giudici di tribunali, avvocati, assistenti, sociali, medici, compresi psicologi e psicoterapeuti, abbiano continuato, per molto tempo, a discolpare padri, zii, nonni e affettuosi amici di famiglia, insegnanti, vicine di casa e fratelli, dalle denuncie fatte da coraggiosi bambini e giovani che non sopportavano più le molestie e gli abusi a cui erano sottoposti, spesso tra rimproveri e rifiuti dei propri familiari. E anche che storie di sofferenza e di abuso, descritte in maniera chiara e dettagliata, evidenti e reali, siano scambiate per fantasie legate alla sessualità infantile o indotte dalla madre che fantastica; fantasie profonde, appartenenti al mondo dell’inconscio. Mi sento di sostenere, dubbioso e esterrefatto davanti a queste disattese evidenze reali, che questi addetti ai lavori enfatizzano il mondo della fantasia e dell’inconscio appoggiandosi, semplificando e manipolando alcune teorie psicoanalitiche freudiane, non comprendendone a pieno la complessità dei significati. Negli ultimi anni, grazie all’opera di qualche intellettuale illuminato, per fortuna diamo più fiducia ai bambini e i tribunali, sono spesso frequentati da bambini in veste di testimoni e di vittime, ma ancora persistono posizioni contrarie a questa linea che utilizzano le teorie freudiane a proprio piacimento per difendere il mondo adulto spesso indifendibile.

Oggi la psicoanalisi e in particolare quella interpersonale (Sullivan, Horney, Fromm, Thompson, ecc.) per l’interesse di quest’ultima sull’ambiente, oltrechè sulle fantasie, non sottovaluta l’importanza dei traumi reali, infantili e non, considera realtà e fantasia incrociarsi continuamente in moto torsivo; e anche se è vero che il suo campo privilegiato di indagine è il mondo delle fantasie del paziente, o meglio il rapporto tra realtà e fantasie, tra oggetti esterni e interni, e il processo attraverso il quale questi ultimi vengono a strutturarsi, la realtà è continuamente monitorata e l’ombra dell’oggetto in sé può assumere un carattere traumatico (C. Bollas, 2001). Attraverso gli ultimi studi possiamo osservare che la teoria della seduzione non fu abbandonata così facilmente. Non solo essa perseguitò Freud per tutta la sua vita, come dimostrano le sue lettere non pubblicate, ma i timori dimostrati durante l’incontro con Ferenzci testimoniano quanto temesse l’impostazione ferenziana indissolubilmente legata al binomio fantasia e realtà e quanto questo si proponesse come un grande dilemma alla riflessione freudiana Vi invito a valutare l’opera freudiana considerando la funzione e il ruolo degli evangelisti e dei distrattori, la necessità di impostare una semplificazione teorica comprensibile al più vasto pubblico, l’ambiguità del pensiero di un soggetto che per primo ha esplorato i temi profondi della mente e che ha riorganizzato continuamente la teoria considerando centrale il luogo dell’inconscio come depositario di fantasie e realtà ancorate. Alla luce di queste riflessioni e se amplifichiamo la scena ci rendiamo conto che potremo parlare di miscela traumatica su cui Freud tornerà continuamente sempre e di nuovo per tutta la vita, fino ad edificare attorno a questo qualcosa la sua opera- quell’opera in cui tanta importanza avranno le scene primarie di seduzione/stupro/ castrazione (Bonomi, 2009).

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