La disregolazione del comportamento alimentare concerne alcune tipologie cliniche differenti tra loro e anche con sfumature diverse  per quanto riguarda nel mondo interno, tra cui: L’anoressia e la bulimia nervosa e l’obesità. Tuttavia a livello profondo presentano delle somiglianze, tra cui: una elevata componente orale del disturbo e del suo significato simbolico; al di sopra del quale vi è però un’incapacità a vivere una vita indipendente, un problema identitario, un Sé frammentato, un narcisismo caratterizzato dal rapporto onnipotenza/limite, ect.

Si manifestano attraverso il rifiuto di mantenere il peso corporeo del peso nella normalità, e presentano una alterazione dell’immagine corporea che riguarda forma e dimensioni corporee ed una non  consapevolezza della gravità di ciò che gli sta accadendo. Dimostrando così una dispercezione, il valore attribuito all’aspetto fisico ed al peso corporeo risulta distorto. Essi pensano che il proprio organismo sia perfettamente in grado di tollerare lo stress protratto. Pensiamo all’anoressia che spinge i soggetti al rischio della vita ed agli obesi i quali non si preoccupano assolutamente dei fattori di rischio per la malattie organiche, per es. cardio vascolari e respiratorie. Spesso, infatti la consapevolezza della malattia viene fermamente negata. Tipicamente le persone con questo disturbo negano le gravi conseguenze sul piano della salute fisica del loro stato di magrezza o obesità.

Le condotte comportamentali di eliminazione o di assunzione (es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi e diuretici o l’assunzione smoderata di cibo o la pratica eccessiva di attività fisica o l’assoluta immobilità, presentano tratti ossessivi compulsivi legati al rituale, al controllo ad un Super-Io rigido e controllante. Tale fenomenologia psicologica è da considerarsi come il risultato di problematiche personali, relazionali e sociali ma che si manifestano in processi psicofisiologici.

Il soggetto appare dominato da una intensa paura di “diventare grassi” o di perdere il bisogno di sicurezza di assomigliare alla madre spesso obesa anche lei o alla rappresentazione del materno. Nelle persone con Disturbo Alimentare i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo.

L’anoressia mentale si sviluppa nelle società occidentali industrializzate in cui è culturalmente diffusa un’ossessione per la magrezza e per l’aspetto esteriore: vi sono delle componenti culturali-sociali dell’essere snelli, della bellezza come magrezza che possono spingere l’individuo alla ricerca di un’identità collettiva che mutui le personali difficoltà. L’alta incidenza dell’ obesità, nella cultura contemporanea, dipende anche dai tipi di alimenti consumati, spesso pieni di grassi idrogenati ed anche dalle possibilità economiche.

Questi soggetti vivono un senso di continua frustrazione per il loto aspetto fisico che però, li potrebbe difendere da eventuali responsabilità che invece in questo modo è possibile omettere. La loro ricerca di autonomia ed identità si ferma al loro sfogo è nel controllo del cibo “se non posso disporre della mia vita per lo meno deciderò del cibo da ingerire”.

L’ipotesi Psicodinamiche del disturbo riguardano, a grandi linee, due modalità che si collocano su piani diversi. La prima considera la componente orale del disturbo e il suo significato simbolico. Gli strumenti di pensiero sono ancora fissati allo stadio della bocca, così i temi della castrazione, dell’ambivalenza, della rivalità con la madre, del rapporto con il padre, della fecondazione e della nascita dei figli vengono elaborati a livello orale in modo da essere privati di un proprio simbolismo. Ricompaiono le equazioni simboliche primordiali che impartiscono ad ogni atto del nutrimento un carattere osceno o pauroso o salvifico dall’angoscia, una fissazione orale. La seconda si riferisce alla personalità e al il loro stile di vita, ponendo l’accento sulle disfunzioni dell’Io e i rapporti interpersonali.